SEI UN MEDICO che ha svolto la specializzazione tra il 1983 e il 1991... l'Italia ti deve rimborsare € 100.000

I medici che hanno svolto la propria specializzazione durante gli anni 1983/1991 hanno diritto ad ottenere circa € 100.000 a titolo di mancato pagamento delle borse di studio che, invece, dovevano esser loro erogate in forza di direttive Cee che prevedevano un’adeguata remunerazione per il periodo di specializzazione dei medici. L'Italia si è infatti adeguata a detta direttiva solamente nel 1992 e dall'anno 1992 in poi ha idoneamente corrisposto le somme dovute, ma non ha mai rimborsato i medici specializzandi degli anni precedenti. La sentenza storica (Cassazione n. 17350 del 2011) arriva dopo 27 anni di ricorsi, proteste e mancata applicazione di diritti. La Corte di Cassazione, appunto, ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Roma la quale ha quantificato la somma dovuta PER OGNI MEDICO in circa € 100.000, come di seguito specificata: 11 mila e 103 euro di borsa studio per ogni anno di specializzazione, più la rivalutazione e gli interessi che triplicano gli importi. La normativa europea era già in vigore dal 1982 ma è stata recepita in Italia solo nel 1991. Il risarcimento dovrà essere corrisposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai dicasteri dell'università e della salute (Corte di Cassazione – n. 17350/2011), e il diritto al risarcimento non è prescritto in quanto non è ancora stata attuata la norma in favore di tutti gli specializzandi degli anni 1983/1991. Pertanto i medici che hanno presentato e che presenteranno ricorso potranno ottenere il risarcimento del danno da parte dello stato italiano che ammonterebbe a circa di 100 mila euro. Negli ultimi tre anni sono stati restituiti 42 milioni di euro ai medici che hanno fatto ricorso per borse di studio non erogate.

USO SCHEDA DOMESTICA MEDIASET NEI LOCALI

La Corte di Cassazione, sentenza 7051/2012 ha dichiarato che non costituisce reato il gestore di un pub che trasmette in pubblico una partita di calcio criptata mediante l'utilizzo di una scheda ad uso privato e non, quindi, una scheda che autorizza la visione nei locali pubblici. La partita in oggetto era Inter – Juventus del 2006. La Corte di Cassazione, infatti, ha sostenuto che siccome il gestore non aveva pubblicizzato che avrebbe fatto vedere la partita e non ha aumentato il prezzo dei prodotti venduti per guadagnare una ulteriore somma derivante dalla visione stessa partita, non ha commesso reato. E' assente la finalità di lucro e pertanto il fatto non costituisce reato. Nel caso in esame la Cassazione si è espressa nei seguenti termini: “la diffusione in un pub di un evento sportivo trasmesso dalla rete televisiva con accesso condizionato non risultava essere funzionale a far confluire nel locale un maggior numero di persone attratte dalla possibilità di seguire l'evento sportivo gratuitamente”. La Cassazione però ricorda che ove la trasmissione dei programmi criptati sia pubblicizzata e da detti programmi il gestore ricavi un sovrapprezzo allora si configura l'ipotesi di reato. Avv. Roberto Righi Tel.: 347.4445106 studiolegalerighi@alice.it

ILLECITI BANCARI

Informativa rivolta a tutti i soggetti titolari di un conto corrente. Tutte le banche applicano delle metodologie per ottenere sempre più soldi dai propri correntisti, anche se non dovuti per legge. Alcune di queste forme si chiamano anatocismo, usura e interessi ultralegali. Chiunque sia in possesso di idonea documentazione e riesca a dimostrare che ha corrisposto degli interessi superiori a quanto dovuto per legge può richiedere al proprio istituto di credito il rimborso di quanto indebitamente pagato. Di seguito viene indicata breve spiegazione. L’anatocismo è un metodo di calcolo degli interessi utilizzato frequentemente dalle banche per ottenere ulteriori soldi dai propri clienti e, la maggior parte delle volte, senza che gli stessi clienti ne siano idoneamente informati. L’anatocismo altro non è che l’applicazione di ulteriori interessi su interessi già scaduti, ossia consiste nella capitalizzazione periodica degli interessi dovuti per un determinato capitale. Fino ad alcuni anni fa (1999) la giurisprudenza riteneva legittima l’applicazione di interessi anatocistici ma poi l’orientamento è cambiato. Nel 1999, infatti, la Corte di Cassazione si è pronunciata con 3 sentenze contro detti interessi dichiarandoli illegittimi (Corte Cass. Sez. I n. 2374 del 16/3/99; Corte Cass. Sez. III n. 3096 del 30/3/99; Corte Cass. Sez. I n. 12507 dell’11/11/99). Vi sono state sentenze mediante le quali le banche sono state condannate a restituire le somme oggetto di anatocismo e hanno dovuto rimborsare somme notevoli, anche di svariate decine di migliaia di euro. Spesso oltre ad interessi anatocistici le banche applicavano anche interessi usurari o extralegali e se non erano previsti dal contratto non dovevano essere pagati. L’art. 1815 c.c. asserisce che qualora siano applicati interessi usurari gli stessi devono considerarsi non dovuti e la clausola che li prevede è nulla. Pertanto non sarà dovuto alcun interesse. Ne deriva che se siete titolari di uno scoperto su conto corrente si renderà necessario controllate sempre l'estratto conto ogni trimestre al fine di verificare se la banca abbia applicato il tasso concordato oppure abbia applicato diverso tasso d’interesse. Qualora un soggetto riscontri divergenze tra il tasso d’interesse pattuito e quello applicato potrà impugnare l’applicazione dell’aumento di interessi imposto dalla banca e richiedere il rimborso di quanto indebitamente pagato. I c.d. interessi ultralegali, infine, devono essere pattuiti con atto scritto e tale forma scritta è richiesta ad substantiam, ossia è assolutamente necessaria al fine di dare valore all’accordo. In difetto, sono dovuti alla banca gli interessi legali o, naturalmente, quelli pattuiti in misura inferiore ed è possibile richiedere alla banca quanto indebitamente percepito. La presente informativa ha valenza generale ma risulterà maggiormente utile a società e imprese che per le proprie attività hanno frequentemente utilizzato in passato il c.d. fido o scoperto su conto corrente. Per ogni ulteriore informazione: Avv. Roberto Righi Tel.: 347.4445105 studiolegalerighi@alice.it

CONDOMINIO - QUALI SONO LE NUOVE NORME

Sono entrate da poco in vigore le novità legislative in tema di condominio. 1) Una delle norme più attesa era certamente quella che ha abolito il divieto di tenere animali da compagnia all’interno del proprio appartamento. Quindi anche se il regolamento condominiale vietasse la detenzione di animali da compagnia in casa chiunque può impugnare detto regolamento e tenere tranquillamente il proprio cane o gatto con sé. 2) L’amministratore è obbligato ad aprire un conto corrente per il condominio non potendo più utilizzare il proprio conto personale anche per svolgere le attività professionali. 3) Ogni condomino, ora, può decidere autonomamente quale gestore di luce, acqua e gas scegliere. E’ infatti prevista la possibilità per il singolo condomino di rinunciare all’utilizzo delle parti comuni, salvo che tale scelta non comporti un danno ad altri condomini. 4) I condomini possono richiedere all’amministratore la creazione di un sito internet mediante il quale poter visionare le attività condominiali. L’accesso al sito deve essere effettuato tramite password personali. L’amministratore, naturalmente, ha l’obbligo di dare seguito alla richiesta. 5) Si possono installare impianti di videosorveglianza nelle parti comuni degli edifici con il consenso dell’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. La legge ha tutelato con maggior vigore il diritto alla sicurezza rispetto alla privacy dei singoli condomini. 6) L’amministratore ha l’obbligo di sottoscrivere una assicurazione professionale per tutelare il condominio da eventuali danni derivati dallo stesso amministratore nell'esecuzione delle proprie funzioni
. La legge, però, prevede che il costo di detta assicurazione sia posto a carico dei condomini. Per ulteriori informazioni: Studio legale Roberto Righi Pesaro Tel.: 347.4445105 e.mail: studiolegalerighi@alice.it

Bond CIRIO e PARMALAT - Le banche devono risarcire

Bond CIRIO e PARMALAT - Le banche devono risarcire La Suprema Corte di Cassazione si pronuncia sulla questione dei titoli Cirio e Parmalat, uno scandalo che ha visto coinvolti mig
liaia di risparmiatori. La Corte di Cassazione, infatti, ha sentenziato che investire in obbligazioni (BOND) Parmalat e Cirio era altamente pericoloso, e pertanto gli istituti bancari avevano l'obbligo di informare gli investitori dei rischi. La sentenza è la numero 18038/2012 e i Giudici hanno analizzato il problema della valutazione del rischio ossia del grado di propensione al rischio di chi voleva investire. E' una sentenza simile a quelle riguardanti i bond argentini e, praticamente, dichiara che gli investitori dovevano essere minuziosamente avvertiti dei rischi che correvano nell'investimento. Se la banca ha effettuato tale comunicazione non deve ritenersi responsabile ma se tale informativa non è stata fornita la banca dovrà risarcire il danno. Per ulteriori informazioni contattare i seguenti recapiti: Studio legale Roberto Righi Tel.: 347.4445105 – e.mail: studiolegalerighi@alice.it

SPESE CONDOMINIO - LASTRICO SOLARE

La corte di Cassazione si è recentemente pronunciata sulle spese condominiali e, nello specifico, sul lastrico solare asserendo che anche se il lastrico viene utilizzato esclusivamente da un solo condomino le spese per la riparazione dello stesso vanno ripartite per i 2/3 a carico del condominio e per 1/3 a carico del condomino che utilizza lo stesso lastrico. Il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo a uno dei condomini - ovvero in proprietà esclusiva dello stesso -, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò, ai sensi dell'art. 1126 c.c., le spese per la sua riparazione o ricostruzione sono poste per due terzi a carico del condominio (cfr. Cass. nn. 11029/03, 13858/01, 3542/94, 5125/93 e 1618/87), va osservato che, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, il criterio di ripartizione fra i condomini di un edificio delle spese di manutenzione e riparazione del lastrico solare o della terrazza a livello che serva di copertura ai piani sottostanti, fissato dall'art. 1126 c.c. (un terzo a carico del condominio che abbia l'uso esclusivo del lastrico o della terrazza; due terzi a carico dei proprietari delle unità abitative sottostanti) riguarda non solo le spese per il rifacimento o la manutenzione della copertura, e cioè del manto impermeabilizzato, ma altresì quelle relative agli interventi che si rendono necessari in via consequenziale e strumentale, sì da doversi considerare come spese accessorie (Cass. n. 11449/92). Ancor più chiaramente, è stato osservato in materia che a completo carico dell'utente o proprietario esclusivo del lastrico solare, sono soltanto le spese attinenti a quelle parti di esso del tutto avulse dalla funzione di copertura (ad. le spese attinenti ai parapetti, alle ringhiere ecc, collegate alla sicurezza del calpestio); mentre tutte le altre spese, siano esse di natura ordinaria o straordinaria, perché attinenti alle parti del lastrico solare svolgenti, comunque, funzione di copertura, vanno sempre suddivise fra l'utente o proprietario esclusivo del lastrico solare ed i condomini proprietari degli appartamenti sottostanti il lastrico secondo la proporzione indicata nell'art. 1126 c.c. (così, in motivazione, Cass. n. 2726/02). Per ogni eventuale chiarimento contattare i seguenti recapiti: Avv. Roberto Righi Cell.: 347.4445105 studiolegalerighi@alice.it

Chi soffre d'asma può NON sottoporsi all'alcool test

Chi soffre d'asma può NON sottoporsi all'alcool test Corte di Cassazione nella sentenza 27 giugno 2012, n. 25399 La Corte di Cassazione, infatti, ha stabilito che se un soggetto asmatico, a causa della propria malattia, non riesca a portare a termine la prova dell'alcool test non commette reato. L'alterazione psicofisica deve essere dedotta da ogni elemento sintomatico dello stato di ebbrezza ma, ai fini della rilevanza penale, gli elementi atti a stabilire lo stato di ebbrezza devono essere univoci e concreti. Pertanto, qualora l'agente accertatore (polizia, carabinieri, vigili...) non possa desumere oggettivamente che il soggetto abbia un tasso alcolemico superiore allo 0,80 g/l dovrà applicare la minor sanzione, ossia la sanzione amministrativa e NON quella penale. Ad ogni modo è possibile che l'agente voglia sottoporre il soggetto fermato ad analisi del sangue.