ANIMALI AL RISTORANTE e ANIMALI IN CONDOMINIO


ANIMALI AL RISTORANTE

Il Decreto del presidente della Repubblica 320/54 disciplina le varie situazioni che possono verificasi al proprietario di un animale da compagnia all’interno di un locale pubblico.

La normativa sancisce che “Vietare l’ingresso ai cani nei locali pubblici e quindi negli esercizi commerciali è illegale”. Per esercizio commerciale si intendono anche bar e ristoranti. E’ fatto, invece, assoluto divieto di ingresso nei luoghi dove gli alimenti sono preparati, trattati o conservati.

L’art. 83 del menzionato decreto asserisce che chiunque voglia far entrare il proprio cane da compagnia in un ristorante o bar dovrà provvedere ad adempiere ad ogni misura di precauzione (museruola e guinzaglio) al fine di non cagionare pericoli per gli altri clienti del locale.

Il proprietario del locale può, però, vietare l’ingresso ad animali sporchi o maleodoranti oppure può invitare il proprietario dell’animale ad uscire da un ristorante (ad es.) se l’animale infastidisce gli altri clienti (abbaia).

La normativa riguarda animali da compagnia ma deve essere naturalmente interpretata per cani, gatti, uccellini o altri animali di dimensioni ridotte. Non è certamente ammesso far entrare un cavallo in un ristorante.


ANIMALI IN CONDOMINIO

Affinché non si incorra in frequenti liti tra vicini di condominio è necessario rispettare alcune norme basilari di convivenza sia civile che giuridica.

La Corte di Cassazione, sentenza n.1109 del 9 dicembre 1999, ha stabilito che si configura il reato di disturbo alla quiete pubblica in tutti quei casi in cui i lamentati rumori (ad es. cane che abbaia) abbiano attitudine a propagarsi ed a costituire quindi un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché non tutte siano state poi disturbate (…) è necessario che i rumori siano ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone

La stessa Cassazione, sentenza n. 26107/2006, ha dichiarato che il vicino di casa che non riesce a dormire per colpa dei latrati del cane ha diritto ad essere risarcito. “L’abbaiare di cani, specialmente di notte, è un fatto potenzialmente idoneo a disturbare il riposo delle persone che risiedono nelle vicinanze della fonte del rumore”.

Infine si sottolinea che, nel caso in cui il regolamento condominiale vieti la presenza di animali nei luoghi comuni questi dovranno essere allontanati (Tribunale di Salerno Sez. II, 22/03/2004).
Gli animali domestici possono essere allontanati anche con provvedimento di urgenza che ne inibisca il ritorno laddove la loro presenza sia vietata non solo dal regolamento condominiale ma anche quando da essa derivino immissioni insalubri e intollerabili ed un minore godimento delle parti comuni, soprattutto quando i cani in questione siano dichiarati potenzialmente pericolosi dal Ministero della Salute”.

Agenzia immobiliare: Diritto alle provvigioni


Chi cerca casa si avvale, quasi sempre, dell’aiuto di una agenzia immobiliare.
Se poi l’acquirente e il venditore si accordano e avviene una compravendita di immobile scatta il diritto dell’agenzia ad ottenere una provvigione.
Tuttavia può accadere che anche quando la compravendita non avviene e le parti non si accordano l’agenzia immobiliare abbia diritto ad ottenere una provvigione.
Infatti, se il possibile acquirente e il possibile venditore sottoscrivono un accordo (c.d. compromesso), ma poi per un motivo qualsiasi la compravendita non avviene, questi sono egualmente obbligati a pagare le provvigioni del mediatore.
Il compromesso non è un contratto di compravendita e giuridicamente ha valenza solo relativa ma, ai fini della mediazione, da pieno diritto all’agenzia di essere pagata.
Es. Non è rilevante se le parti, successivamente alla sottoscrizione di un accordo concluso grazie all’opera del mediatore, non abbiano poi raggiunto il contratto definitivo. Per il mediatore è sufficiente che le parti dichiarino la loro intenzione a concludere un contratto di compravendita immobiliare e non è richiesto che poi il contratto si verifichi concretamente.

Quanto esposto è stato recentemente ribadito anche dalla Corte di Cassazione - sez. III - Sentenza 2 Ottobre 2010 - n. 22.273.

Indicativamente la percentuale dovuta al mediatore è pari al 3% ma può essere applicata una diversa misura.
Inoltre al mediatore spetta, in ogni caso, il rimborso spese, art. 1756 codice civile.

Riassumendo, quindi, se il mediatore mette in contatto due parti per la conclusione di un contratto di compravendita di immobile e queste dapprima comunicano l’intenzione di concludere il contratto ma poi l’accordo non viene contrattualizzato e la compravendita non avviene, lo stesso mediatore avrà ugualmente diritto ad ottenere la provvigione.

Per ulteriori chiarimenti:
Avv. Roberto Righi
Pesaro - Urbino
Tel.: 347.4445105
studiolegalerighi@alice.it

CONFISCA DEL VEICOLO ANCHE SE IL PROPRIETARIO NON GUIDA


Una ulteriore modifica è stata introdotta dalla Corte di Cassazione in tema di guida in stato di ebbrezza.
Ora, infatti, è possibile la confisca del veicolo anche qualora il proprietario dello stesso viaggi in qualità di trasportato e faccia guidare al altro soggetto non sobrio.
Praticamente se il proprietario del mezzo è ubriaco e fa guidare un conoscente anch’esso ubriaco, rischia che la propria automobile finisca all’asta.
Fino a poco tempo fa l’autoveicolo finiva all’asta solamente se il proprietario (e solo il proprietario) veniva sorpreso alla guida dello stesso in evidente stato confusionale dovuto dall’alcol. Successivamente l’applicazione si è estesa ed ha ricompresso anche i familiari del proprietario (macchina del genitore condotta dal figlio ubriaco andava all’asta). Ora il pericolo che il mezzo venga venduto coattivamente si concretizza anche se alla guida c’è un semplice conoscente.
Rischia la confisca del veicolo, quindi, chiunque siede nell’auto come trasportato, affidando l’automobile ad un conducente alterato dall’alcool.
Quarta Sezione Cassazione penale, sentenza 24 settembre 2010, 34687.

Cosa deve fare un proprietario di un cane per non incorrere in sanzioni ?


Tutti i proprietari di cani devono adempiere ad alcune incombenze al fine di non incorrere in provvedimenti disciplinari e sanzioni.
- Innanzitutto è d’obbligo registrare il cane all’anagrafe canina. In passato ogni cane veniva personalizzato con l’apposizione di un timbro sull’orecchio o sotto la coscia. Più recentemente è stato introdotto il c.d. microchip, ossia una memoria elettronica di riconoscimento che permette l’identificazione del cane.
- è necessario vaccinare il cane.
- qualora i proprietari vogliano far viaggiare l’animale assieme a loro all’estero (nei paesi UE) è necessario fargli una specie di passaporto (regolamento europeo 998 del 2003).
- Applicare il guinzaglio e/o la museruola se ci si trova in un luogo all’aperto.
- Applicare sia l guinzaglio che la museruola se ci si trova con un cane in un locale pubblico o nei mezzi di trasporto.

Inoltre, l'Ordinanza del 27 Agosto 2004, obbliga i proprietari dei cani c.d. pericolosi di stipulare una copertura assicurativa per la responsabilità civile nei confronti dei terzi.
Praticamente tale assicurazione dovrà risarcire i danni civili eventualmente cagionati dall’animale.
Le razze c.d. pericolose sono riportate in detta ordinanza e sono:
Bulldog americano
Cane da pastore di charplanina
Cane da pastore dell’anatolia
Cane da pastore dell’asia centrale
Cane da pastore del caucaso
Cane da serra da estrella
Dogo argentino
Fila brazileiro
Mastino napoletano
Perro da canapo majoero
Perro da presa canario
Perro da presa canario e Mallorquim
American pitt bull terrier
Pit bull mastiff
Pit bull terrier
Rafeiro do Alentejo
Rottweiler
Tosa inu

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Avv. Roberto Righi - Pesaro
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ANCHE L'INQUILINO MOROSO HA DIRITTO AL RISARCIMENTO SE...


Con il contratto di locazione il proprietario di un immobile (ad esempio di un appartamento) cede in godimento lo stesso immobile ad un altro soggetto, detto locatario, dietro il pagamento di un canone pattuito.
Tuttavia se il locatario (c.d. inquilino) non paga il canone pattuito il proprietario dell'immobile può chiedere al giudice lo sfratto del locatario e rientrare in possesso dell'appartamento.
Tuttavia anche l'inquilino moroso (ossia che non ha pagato i canoni di locazione) ha diritto ad ottenere un risarcimento del danno da parte del proprietario dell'appartamento se all'interno dell'immobile si era formata della muffa e tale muffa ha rovinato in tutto o in parte elementi di arredo o altro.
Ne deriva che anche se l'inquilino non paga quanto dovuto al locatore (proprietario) quest'ultimo deve garantire egualmente la salubrità dell'immobile.
Quanto appena citato è stato disposto dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 20346 depositata il 28 settembre 2009.

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RISTORANTI – Disciplina regolatrice


Chiunque voglia esercitare attività di ristorazione deve innanzitutto iscriversi alla Camera di Commercio e deve richiedere la necessaria licenza richiedendo l’autorizzazione alla somministrazione di cibi e bevande. Il locale dovrà poi essere ispezionato dai servizi sanitari locali i quali controlleranno che le norme siano rispettate.
Successivamente si dovrà rendere nota l'attività mediante denunciata al registro delle imprese oltre che all'Inps.

Ogni soggetto può aprire un ristorante ma solamente dopo aver frequentato almeno un corso per la somministrazione di cibi e bevande. Solamente i corsi professionali riconosciuti dalla Regione sono idonei e conformi alla normativa.

I requisiti necessari al fine di ottenere l'autorizzazione sono i seguenti:

- Per quanto concerne la cucina, la stesse deve essere ampia almeno 20 mq.
La merce destinata ad essere depositata in dispensa non può transitare all'interno della cucina altrimenti potrebbe portare sporcizia.
- Qualora il ristorante sia anche pizzeria, la zona di impasto e cottura della pizza deve visibile dalla sala da pranzo.
- La zona indirizzata al lavaggio delle stoviglie deve avere una superficie di almeno 5 mq e vi è fatto divieto di qualsiasi lavorazione degli alimenti. Nel reparto stoviglie non possono quindi essere lavati e preparati alimenti.
La dispensa deve essere individuata in un locale autonomo ma comunicante con la cucina. Se per raggiungere la dispensa l'addetto deve uscire dal ristorante e recarsi un altro edificio la stessa dispensa non è a norma. Le coperture della dispensa (pareti e pavimento) devono essere costruite con materiale lavabile.
- Un bagno per il solo personale è obbligatorio se i soggetti dipendenti del ristorante sono 10 o meno di 10. E' obbligatorio un altro bagno se gli addetti sono da 10 a 20 e per ogni ulteriori dieci dipendenti deve essere predisposto un bagno. Tutti i bagni devono essere posizionati lontano dalla cucina.
- Ogni ristorante deve mostrare ai propri clienti i prezzi delle pietanze e delle bevande. Tale prescrizione è prevista dal testo per la sicurezza pubblica. Se non è esposto il menù con i relativi prezzi il cliente può denunciare il proprietario del locale.
- L'olio extravergine non può essere servito in tavola in ampolle o vasi che non riportino l'etichetta prevista dalla legge. In tale etichetta deve essere indicata ogni proprietà organolettica del prodotto, la provenienza etc...
- Dal 10 gennaio 2005 è entrata in vigore la c.d. legge anti – fumo che impedisce ai clienti e al personale di fumare all'interno del ristorante. Tuttavia in ogni ristorante può essere adibita una sala fumatori che però deve essere grande meno della metà dell'intera struttura. L'area fumatori deve essere indicata con un cartello.
- Non esiste una legge che vieti l'ingresso ad animali domestici di entrare in ristoranti. Il divieto vige solamente per i locali della cucina, depositi e bagni. Il cane o altro animale deve stare legato in adiacenza del tavolo del padrone. Non ci sono naturalmente limitazioni per i cani guida che accompagnano persone non vedenti.

Per ulteriori informazioni:
Avv. Roberto Righi
studiolegalerighi@alice.it

Abolizione del canone Rai


La legge Finanziaria 2008 prevede che chiunque rientri nei requisiti indicati dalla legge NON DEVE pagare il canone Rai.
Tale esonero è previsto, però, solamente per gli anziani oltre i 75 anni di età.
Oltre al requisito anagrafico il soggetto non deve convivere con altri soggetti, diversi dal coniuge, che abbiano un proprio reddito dichiarabile nel Modello Unico o nel 730.
Ultimo requisito è relativo al reddito del soggetto che intende usufruire dell’esonero. Non potranno ottenere detto esonero dal pagamento del canone Rai tutti coloro che abbiano un reddito annuo maggiore ad € 6.713,98. Qualora una anziana persona conviva con il proprio coniuge la soglia di reddito va conteggiata computando entrambe i redditi.
Ai fini del conteggio del proprio reddito, in relazione all’esonero del canone Rai, NON dovranno essere computati redditi derivati da TFR, pensioni invalidità e altro…
Chiunque avesse per errore pagato il canone Rai negli anni 2008 – 2010, nonostante rientrasse tra i soggetti beneficiari dell’esenzione, potrà chiedere il rimborso di quanto pagato. La richiesta di rimborso va redatta in un modello reperibile presso l’Agenzia delle Entrate e deve essere spedita all’unico indirizzo di:
Agenzia delle Entrate - Ufficio Torino 1 S.A.T. - Sportello abbonamenti Tv - 10121 - Torino.
La dichiarazione del possesso dei requisiti per l’esenzione deve essere presentata entro il 30 aprile per coloro che inviano la dichiarazione per la prima volta.

In caso di separazione la casa può tornare ai genitori del coniuge che la concessero in comodato


Ogni tribunale di Italia è saturo di cause relative a separazioni e divorzi tra coniugi e spesso oggetto della lite è la CASA CONIUGALE.
La Corte di Cassazione, con sentenza civile, sez. III, 7 luglio 2010, n. 15986, ha mutato il proprio orientamento ed ha stabilito che qualora Mirco e Licia si sposino e vadano a risiedere nell’immobile di proprietà dei genitore di Mirco, immobile concesso in c.d. comodato d’uso, in caso di separazione dei coniugi i genitori di Mirco possono riappropriarsi dell’immobile. Tale potere facoltà è concessa anche se vi sono figli minori.
L’immobile, infatti, rimane di esclusiva proprietà dei genitori di Mirco e gli ex coniugi non possono vantare alcun diritto sullo stesso.
L’ex moglie, anche se affidataria di figli minori, dovrà andare a vivere in un’altra casa e l’ex marito dovrà contribuire al sostentamento della figlia.
Nella causa di separazione decisa con la sentenza 15986/2010, infatti, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dei genitori del marito contro le ragioni della ex nuora, la quale era anche affidataria dei figli minori, oltre ad essere stata indicata come assegnataria dell’abitazione coniugale. Tale abitazione, però, era di esclusiva proprietà dei genitori del marito i quali l’avevano concessa in mero comodato al figlio in ragione del matrimonio.

Sentenza: “Correttamente osservano i ricorrenti come la convenzione negoziale per la quale è processo fosse priva di termine, integrando cosi la fattispecie del cd. comodato precario, caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla ad nutum con la semplice richiesta di restituzione del bene, senza che assuma rilievo la circostanza che l’immobile sia stato adibito ad uso famigliare e sia stato assegnato in sede di separazione tra coniugi, all’affidatario dei figli, come condivisibilmente affermato da questa corte regolatrice con la sentenza 10256/1997”.

Sostanze stupefacenti - uso personale e "spaccio"


Il Testo unico sugli stupefacenti fissa i limiti soglia massimi delle sostanze stupefacenti che se oltrepassati danno luogo al reato di “spaccio''. Di seguito si riportano alcuni esempi.

Il primo riferimento riguarda la dose c.d. personale mentre il secondo si riferisce alla quantità massima per uso personale. Chi venisse fermato dalle forze dell'ordine e avesse con se una quantità di sostanza superiore a quella massima consentita rischierebbe una condanna per spaccio. Entrambe le misurazioni si intendono espresse in mg.
Amfetamina 100 - 500
Mescalina 400 - 1200
Metamfetamina 100 - 500
Cocaina 150 - 750
TMA (3,4,5-trimetossiamfetamina) 200 - 600
TMA-2 50 - 150
Metadone 70 - 350
Ketamina 300 - 900
Preparati attivi della Cannabis (hashish, marijuana, olio, resina, foglie e infiorescenze) Si fa riferimento alla quantità di principio attivo contenuta.

Le sanzioni relative all’ipotesi di spaccio sono disciplinate dall’art. 73. D.P.R. 309/90 il quale dispone circa la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.
1. Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall'articolo 14, e' punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000.
1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 e' punito chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:
a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento nazionale per le politiche antidroga-, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale;
1 bis …(omissis)
2. Chiunque, essendo munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui all'articolo 14, e' punito con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro 300.000.
2-bis. … (omissis)
3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione.
4. …(omissis)
5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei a anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000.
5-bis. Nell'ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice …. può applicare, la pena del lavoro di pubblica utilità. Con la sentenza il giudice incarica l'Ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità …
Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi dell'articolo 116, previo consenso delle stesse…
6. Se il fatto e' commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena e' aumentata.
7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

Alcune sentenze

Coltivazione - Uff. Indagini preliminari Napoli sez. XIII n. 1274/10
La nozione di coltivazione, ai fini della configurabilità del reato ex art. 73 d.p.R. 309/1990, implica un'attività ampia e articolata avente ad oggetto una pluralità di piante su appezzamenti di terreno di consistenza apprezzabile, attività da cui poter inferire una possibile destinazione ad un mercato sia pure ristretto di consumatori. Ciò non si verifica nell'ipotesi della coltivazione di una singola pianta di sostanza stupefacente.

Semi di canapa - Cassazione 25798/10
È vero che il mero possesso di semi di canapa, non aventi contenuto stupefacente, non integra alcun reato contemplato dalla legge, ma essi però possono rivestire, in correlazione alle altre cose sequestrate (in particolare, opuscoli illustrativi delle modalità di coltivazione di piante di cannabis), prova dell’attività di induzione all’uso o allo spaccio.

Dose personale e spaccio – Cassazione 19085/10
In tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, la circostanza aggravante della quantità "ingente" di cui all'art. 80, comma secondo, del d.P.R. n. 309 del 1990, sussiste quando, pur non potendo essere precisato un valore massimo, il dato ponderale sia oggettivamente di carattere straordinario e comunque tale da superare, con accento di eccezionalità, il quantitativo usualmente trattato in transazioni del genere nell'ambito territoriale in cui opera il giudice del fatto, tenuto conto anche della qualità della sostanza, con riferimento alla quantità di principio attivo dello stupefacente.

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Avv. Roberto Righi
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MODIFICHE AL CODICE DELLA STRADA


Il Governo è intervenuto circa la disciplina della circolazione stradale e di seguito si riportano le maggiori novità.

1) Le società autostradali potranno portare i limiti di velocità a 150 km/h nei tratti a tre corsie, in presenza del tutor (resta comunque fermo il “vecchio” limite dei 130 km).

2) I locali non potranno vendere alcolici dopo le 3 di notte e sulle autostrade non potranno essere venduti superalcolici dopo le 22.

3) Introduzione della targa personalizzata.

4) Tolleranza zero per l’alcool
Il limite di 0,5 g per litro di sangue si azzera per alcune categorie di automobilisti, ossia i neopatentati con patente da meno di 3 anni e i conducenti di professione o conducenti di autoveicoli con patente C,D, oppure E.

5) Motorini
Un'altra mini-stretta riguarda minicar e motorini; sono state, infatti, decuplicate le sanzioni per chi produce e commercializza minicar che superano i 45 km/h (si rischieranno fino a 4.000 euro di multa) e per le officine che truccano i motocicli (multe fino a 3.119 euro).

6) Etilometri nei locali e "Happy hours"
Ancora stretto giro di vite per chi vende bevande alcoliche, in quanto con il nuovo codice è previsto il divieto di vendita e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche nei locali notturni dalla ore 3 alle ore 6, con l'obbligo all’uscita di un apparecchio per la rilevazione volontaria del tasso alcolemico e tabelle illustrative dei danni che fa l'alcol.
E’ un obbligo per tutti i locali (anche bar, alberghi, ristoranti) che proseguono l'attività dopo le ore 24.

7) Guida accompagnata a 17 anni (articolo 16, comma 1)
Viene introdotta una nuova normativa sulla "guida accompagnata" per i minori che abbiano compiuto 17 anni e siano titolari di patente A, consentendo loro la guida, con l'assistenza di un adulto, alle condizioni di seguito elencate:
a) che il minore sia accompagnato da un conducente titolare di patente B da almeno 10 anni;
b) che sia stata rilasciata apposita autorizzazione da parte del ministero, su istanza del genitore o dell'eventuale rappresentante legale.

8) Notifica multe
I verbali di contestazione delle violazioni al codice della strada devono essere notificati entro 90 giorni (e non più entro gli attuali 150 giorni).

Sarà possibile invece pagare le multe (di importo superiore a 200 euro) a rate (fino a 60) ma soltanto per chi ha un reddito inferiore a 10.628 euro.

9) Confisca e fermo veicoli
Novità per il procedimento di attuazione della confisca e del fermo conseguenti a ipotesi di reato; è previsto che l'agente o l'organo accertatore della violazione proceda immediatamente al sequestro.

10) Licenziamento
Una delle norme che sicuramente potrà dar adito a critiche è quella che riguarda il licenziamento per giusta causa.
Potrà, cioè, essere considerata giusta causa la revoca della patente disposta a seguito di guida sotto l’influsso di alcool.

11) Permesso di guida a ore
Tutti coloro che hanno subito il ritiro della patente potranno ottenere dal prefetto un permesso di guida a ore (al massimo di 3 ore giornaliere per documentate ragioni di lavoro o per motivi sociali). Il periodo di sospensione della patente viene aumentato delle ore nelle quali è stata consentita la guida.

12) Veicoli confiscati
Prevista l'assegnazione, a richiesta, agli organi di polizia o ad altri organi dello Stato (anche enti pubblici) operanti nel settore della giustizia, della protezione civile e della tutela ambientale, dei veicoli confiscati a seguito di reati connessi a droga e alcol. In assenza di richieste, i veicoli saranno venduti.

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Avv. Roberto Righi
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DANNO PROVOCATO DA ANIMALE RANDAGIO


DANNO PROVOCATO DA ANIMALE RANDAGIO
Qualora un animale randagio arrechi un danno ad una persona la stessa ha il diritto di essere risarcita da parte del Comune.
I provvedimenti atti a disciplinare la materia del randagismo impongono agli Enti territoriali di provvedere ad attuarsi al fine di prevenire ed evitare che gli animali randagi cagionino danni alle persone. Qualora l'Ente territoriale non ponga in essere ogni provvedimento necessario ad annullare tale pericolo sarà costretto a risarcire il danno.
Quanto appena esposto è stato asserito dalla Suprema Corte di Cassazione, sentenza 28 aprile 2010 - n. 10190.
La legge di riferimento è la 281/91 - “Legge-quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”.
La menzionata normativa, infatti, assegna ai Comuni il compito di costruire, sistemare e gestire canili e rifugi per animali. Attività parallela deve invece essere adempiuta dalle ASL le quali devono provvedere alle attività di profilassi e controllo igienico-sanitario, oltre che di polizia veterinaria.
I soggetti feriti da animali randagi, quindi, verranno risarciti dal Comune in cui si verificava il fatto. Al fine di ottenere idoneo risarcimento il soggetto dovrà sottoporsi a tutte le visite mediche del caso e da ultimo anche ad una visita medico legale. Poi si dovrà inviare tutto al Comune il quale comunicherà i dati della propria compagnia assicurativa. In seguito il sinistro verrà trattato direttamente con l'assicurazione del Comune.

DIRITTI DEL CONVIVENTE NON SPOSATO IN MATERIA DI PRIVACY


I conviventi non sposati, in base al nostro sistema legislativo, non hanno particolari diritti e corrispettivi oneri nei confronto del compagno o compagna. Tale situazione spesso genera numerosi contrasti che vengono vissuti dai diretti interessati come vere e proprie ingiustizie.
Il matrimonio civile è assimilabile ad un contratto e, come ogni accordo, prevede diritti e doveri solo per i contraenti. Se non c’è matrimonio non c’è contratto e, quindi, le persone conviventi non possono essere assimilate a contraenti.
Ad ogni modo, seppur lentamente, la situazione sta cambiando.

Una interpretazione molto importante del d. lgs. 196/2003, in materia di privacy e dati personali, è stata espressa dal Garante per la protezione per i dati personali in data 19.09.2009, segnando una evoluzione in materia.
Nel caso deciso dall'Autorità il convivente di una signora, deceduta all’interno di una struttura ospedaliera, aveva chiesto di poter visionare la relativa cartella clinica e tutti i documenti inerenti alla degenza.
Il soggetto presentava istanza all’Ospedale, sostenendo che lo stesso aveva ricevuto idonea autorizzazione dalla ex convivente quando era ancora in vita che lo autorizzava a prendere visione di ogni dato sensibile.
L'ospedale, citando generici impedimenti, non acconsentiva la visione dei documenti, in ottemperanza a quanto asserito in un regolamento interno della struttura ospedaliera. Alla base del diniego vi era il fatto che conviventi e c.d. compagni more uxorio (ossia non sposati) non hanno diritti sulla persona del convivente deceduto.
L'Autorità Garante, però, ha stabilito che, prescindendo da ogni autorizzazione, è diritto di tutti i soggetti (che abbiano un meritevole interesse) conoscere i dati sensibili di un individuo defunto per ogni motivo meritevole di protezione, ex art. 9 comma 3 del Codice per la protezione dei dati personali (d. lgs. 196 del 2003).
E, continua l'Autorità, a nulla vale l'opposizione dei parenti che vogliano ostacolare l'accesso ai dati sensibili, posto che il Codice per la protezione dei dati personali non prevede in nessun punto che sia richiesto il parere degli altri legittimati ne' alcuna forma di autorizzazione.

Per ulteriori informazioni:
Avv. Roberto Righi
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Divorzio e assegno di mantenimento


Diritto di famiglia – Mantenimento dell’ex coniuge

Il diritto di famiglia è quella branca del diritto che regola i rapporti inerenti al nucleo familiare e i rapporti scaturenti dalla cessione del rapporto familiare. Riguarda, quindi, gli aspetti della vita tra i coniugi e i loro diritti e doveri nei confronti dei figli.
Di seguito vengono riportati alcuni principi asseriti dalla Corte di Cassazione.
Determinazione del mantenimento
La somma dovuta a titolo di mantenimento può variare da numerosi fattori.
In primo luogo si dovrà considerare il reddito netto dell’obbligato al mantenimento oltre agli ulteriori beni della coppia: mobili ed immobili, beni produttivi, redditi ulteriori …
Il compito del mantenimento è quello di far raggiungere al beneficiario dello stesso mantenimento un simile tenore di vita tenuto durante il matrimonio.
L’obbligato dovrà quindi corrispondere una somma, rapportata al proprio reddito, che permetta all’ex coniuge di godere dello stesso tenore di vita.
Altro elemento determinante è la presenza di figli a carico. L’ex coniuge dovrà in primo luogo pensare al mantenimento della prole e poi a quello dell’ex marito o moglie.
Ulteriore circostanza rilevante è la convivenza more uxorio (ossia avere un compagno o una compagna dopo il divorzio). Qualora il compagno contribuisca al sostentamento della ex moglie ridurrà o potrebbe far cessare lo stato di bisogno del coniuge beneficiario e quindi il mantenimento verrebbe meno.
Il coniuge onerato al mantenimento, dal canto suo, può far valere le proprie ragioni in quanto, come logico e normale, la separazione o il divorzio cagionano un notevole aumento di costi nei confronti del coniuge obbligato ad abbandonare la casa coniugale e corrispondere il mantenimento. L'assegnazione della abitazione alla moglie, ad esempio, può avere come diretta conseguenza la necessità per l’ex marito di andare a vivere in affitto, con notevole aumento di spese.
La giurisprudenza della Cassazione, però, ha raggiunto un compromesso ed ha sancito che si deve tenere conto dello squilibrio derivante da tali conseguenze. Detto squilibrio dovrà essere compensato mediante il versamento di una somma minore in favore del coniuge beneficiario dell'assegno di mantenimento.
Al fine della determinazione del tenore di vita occorre riferirsi alla effettiva disponibilità di acquisto di ogni bene.
Esempio. La signora X moglie del signor Y, percepisce mediamente 15.000,00 € all’anno ma, grazie al reddito ben maggiore del marito ha una disponibilità di spesa per beni personali (vestiti, profumi, cibo, oggetti vari…) di circa 1.200,00. A seguito del divorzio, qualora l’addebito venga posto a carico del marito, la signora X potrà continuare a beneficiare della somma che mensilmente spendeva in precedenza alla separazione o divorzio.

La sentenza 14214/09 emessa dalla Corte di Cassazione, infatti, ha chiarito che "l'accertamento del diritto all'assegno di divorzio va effettuato verificando l'adeguatezza dei mezzi economici a disposizione del richiedente a consentirgli il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio" … "va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, del reddito di entrambi, valutandosi tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio".
Come ottenere la rimozione o la riduzione dell’assegno di mantenimento in favore della ex moglie
La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che, qualora il marito versi da solo le rate del mutuo della casa coniugale, l’assegno spettante alla moglie deve essere ridotto (Sentenza 15333/10). Legittima, quindi, la riduzione della somma dovuta dal marito alla ex moglie qualora l'ex marito continui a pagare il mutuo della casa coniugale per intero e la casa venga a lei assegnata. Nell’ipotesi di specie la Corte ha confermato la riduzione dell’assegno da 400 a 200 euro.

Per ulteriori informazioni:
Avv. Roberto Righi
Piazza Agide Fava n. 5
Pesaro - Urbino
studiolegalerighi@alice.it
Tel.: 347.4445105

Novità sulla guida in stato di ebbrezza


Se un soggetto alla guida di un mezzo veniva fermato dalle Forze dell'Ordine e sottoposto ad etilometro poteva incorrere, in relazione al grado di alcol nel sangue, in 3 tipi di sanzioni.
La sanzione maggiormente punitiva era quella che prevedeva il sequestro o la confisca del mezzo se, a seguito del test, risultava che il conducente avesse un tasso alcolemico maggiore di 1,5 g/l. Confisca significa che l'auto o la moto andavano all'asta. Ad ogni modo fino al 31.05.2010 se il conducente del veicolo NON era anche proprietario, lo stesso veicolo non veniva confiscato.

La Suprema Corte di Cassazione - Sez. Penale, però, con la sentenza 20610 del 01.06.2010 ha asserito che al pari della proprietà deve considerarsi appartenenza del mezzo anche la materiale detenzione o signoria sul bene.
Il caso deciso con la menzionata sentenza riguardava un soggetto di 39 anni alla guida di uno scooter di proprietà della madre di 68 anni. Il conducente dello scooter veniva fermato dagli agenti di Polizia e gli veniva riscontrato un tasso alcolemico oltre 1,5 g/l. Nell'ipotesi in esame la Corte ha ritenuto che l'intestazione del veicolo rispondesse a funzione di mera fittizietà e che, dunque, fosse ravvisabile quella che è stata definita “una signoria sulla cosa...dell'imputato..al momento del fatto”.

Riassumendo: Fino al 31.05.2010 se il conducente veniva sottoposto ad accertamenti e solamente se lo stesso era alla guida di un mezzo di propria proprietà, il mezzo poteva andare all'asta o essere sequestrato ma se lo stesso veicolo eri di proprietà di un diverso soggetto non poteva finire all'asta.
Dal 01.06.2010 ogni autoveicolo può finire all'asta o essere sequestrato se il soggetto conducente viene sottoposto ad accertamenti alcolemici e sfora il limite di 1,5 g/l, sia se egli sia o non sia il proprietario del veicolo condotto.

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TRUFFA E INTERNET - PHISHING E ASTE ON LINE


Truffa on - line

Internet è diventato un mezzo di lavoro e comunicazione unico e indispensabile che, però, se usato con troppa superficialità può dare adito a brutte sorprese.
Le truffe informatiche mediante internet, infatti, sono ormai all'ordine del giorno.
Si sono moltiplicati in tutto il mondo i modi per truffare i consumatori in buona fede, attraverso messaggi di posta elettronica, aste o altro.

Le più frequenti truffe on – line, che vengono perpetrate mediante internet sono le seguenti (fonte: sito della polizia di stato):
- Finte vendite all'asta sul WEB, con merci offerte e mai inviate ai clienti o con prezzi gonfiati;
- Offerta di servizi gratis su internet che poi si rivelano a pagamento o mancata fornitura di servizi pagati o fornitura di servizi diversi da quelli pubblicizzati;
- Vendite di hardware o software su catalogo on-line, con merci mai inviate o diverse rispetto a quanto pubblicizzato
- Schemi di investimento a piramide e multilevel business;
- Opportunità di affari e franchising;
- Offerte di lavoro a casa con acquisto anticipato di materiale necessario all'esecuzione di tale lavoro;
- Prestiti di denaro (mai concessi) con richiesta anticipata di commissione;
- False promesse di rimuovere informazioni negative per l'ottenimento di crediti (es. rimozione di nominativi da black-list);
- False promesse di concessione (con richiesta di commissione) di carte di credito a soggetti con precedenti negativi;
- Numeri a pagamento (tipo 899) da chiamare per scoprire un ammiratore segreto o una fantomatica vincita (di vacanze, di oggetti).

PHISHING
La truffa che attualmente sta adescando numerosi consumatori è il c.d. Phishing.
Tale truffa consiste nella ricezione di mail che hanno come mittente una conosciuta società (banca, poste....) e invitano a fornire i propri dati personali.
Ebbene sono sempre delle truffe, possono avere contenuto pericoloso in quanto mirano al conto corrente oppure possono semplicemente richiedere i dati per l'invio di pubblicità mirata.
Le banche ed ogni altro istituto di credito mai chiederebbero i dati ai propri utenti on – line attraverso un messaggio di posta elettronica. L'unica ipotesi in cui viene richiesto il codice e numero della carta di credito è durante un acquisto su Internet che il consumatore ha voluto fare.
Se si riceve una mail di questo tipo bisogna assolutamente rispondere ma contattare la società intestataria della mail (naturalmente la vera società).
Se per errore si sono fornite dette informazioni è necessario controllare molto frequentemente il proprio conto corrente altrimenti è possibile incorrere in sorprese non gradite.
Naturalmente è consigliabile utilizzare un buon antivirus che abbia anche antispyware e altro e aggiornarlo spesso.

ASTE ON - LINE
Con queste righe non si vuole certamente denigrare le aste on – line ma si consiglia al consumatore, prima di effettuare l'acquisto, di verificare la fonte della vendita.
Le truffe più frequenti sono:

- Falsa attestazione di spedizione.
I fantomatici venditori possono aprire un asta mediante un sito italiano e dire che l'oggetto è in Italia ma in realtà proviene dalla Cina. In tal caso vi sono alte possibilità che il prodotto venga fermato alla dogana. Se poi avete pagato mediante assegno o utilizzando wester union o bonifico bancario poco potete fare per recuperare i soldi. Se è stata utilizzata, invece, una carta di credito, ci sono maggiori possibilità di agire in regresso.

- Finti acquirenti.
Se si vendono merci su internet è possibile incappare in un “acquirente” che vuole pagare solo mediante assegno. L'assegno potrebbe essere falso o scoperto oppure l'acquirente invia un assegno, sempre falso, di maggiore importo dicendo che ha sbagliato nell'indicare la somma e chiede un bonifico per riottenere la somma eccedente. Anche in questo caso, se si restituisce la somma, si rimane truffati.

Solamente nella giornata del 25 Marzo la Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato ben 6 siti di aste on - line, quindi molta attenzione negli acquisti on - line.

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Avv. Roberto Righi
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INFORTUNIO SUL LAVORO E MALATTIA PROFESSIONALE


Troppo spesso, purtroppo, i lavoratori si ammalano a causa dell’attività lavorativa svolta oppure rimangono vittime di infortuni sul luogo di lavoro.
Tuttavia, qualora il lavoratore prestava attività lavorativa subordinata, l’Inail dovrà risarcire il danno occorso. La stessa Inail, Infatti, gestisce l’assicurazione per le malattie e gli infortuni sul lavoro dipendente. I liberi professionisti non godono di tale copertura.

MALATTIA PROFESSIONALE
In base ad una tabella, normativamente stabilita ed aggiornata, vengono indicate le malattie professionali conosciute e, ad ogni malattia, viene accostata una percentuale di invalidità. In base a tale percentuale si avrà diritto ad un proporzionale risarcimento.
Non sempre, però, gli eventi denunciati all’Istituto assicuratore sono riconosciuti e conseguentemente indennizzati.
Le malattie professionali possono derivare da molteplici cause:
- cadute;
- scarica di corrente elettrica;
- turbamento dello stato psichico;
- assorbimento di sostanze velenose;
- alzare pesi quotidianamente …

INFORTUNIO SUL LAVORO
Qualora accada un infortunio sul lavoro il lavoratore deve avvertire il prima possibile il datore di lavoro di quanto accaduto.
Il datore di lavoro dovrà denunciare il fatto all'Inail non appena il lavoratore stesso, o un suo familiare, presenterà, entro 2 giorni dalla data del rilascio, il certificato del medico di pronto soccorso con prognosi superiore ai 3 giorni.
Se la prognosi certificata dal medico non dovesse superare detto termine, non vi è obbligo per il datore di lavoro di denunciare il fatto. Se le cure, invece, si dovessero protrarre ulteriormente il lavoratore dovrà fornire tutti i successivi certificati.
Se il datore di lavoro non dovesse effettuare la denuncia, il lavoratore, personalmente, si dovrà attivare per presentarla direttamente.

INCIDENTE IN ITINERE
Qualora il lavoratore rimanga vittima di un incidente durante il tragitto casa-lavoro sarà anche in questo caso coperto da assicurazione Inail. Il tragitto coperto da assicurazione è quello più veloce per raggiungere il luogo di lavoro e l'assicurazione copre il sinistro verificatosi in un arco temporale di circa mezz'ora prima e dopo l'orario di lavoro. Qualora vi siano mezzi pubblici che collegano senza problemi la casa al luogo di lavoro, difficilmente l'assicurazione pagherà.

INDENNIZZO e RENDITA
Al lavoratore spetterà un indennizzo in capitale (ossia un assegno una tantum) se l’infortunio o la malattia hanno cagionato un danno biologico compreso tra il 6 e il 15 %. Qualora gli eventi abbiano cagionato un danno biologico superiore al 16 % l’Inail erogherà una rendita mensile, ossia emetterà mensilmente un assegno in favore del lavoratore.
L'ammontare dell'indennizzo in capitale del danno biologico verrà quantificato in base al grado di danno accertato, al sesso del lavoratore e all'età anagrafica. Qualora il danno biologico risulti minore al 6 % non sarà risarcito.

AGGRAVAMENTO
Qualora al lavoratore, a seguito di malattia professionale o infortunio sul lavoro, sia stata riscontrata una percentuale di invalidità ma, con il decorrere del tempo la stessa invalidità si è aggravata, è possibile che lo stesso sia sottoposto nuovamente a visita medica all’Inail e chiedere l’aggravamento della propria situazione. Qualora venga riscontrato un aggravamento il lavoratore avrà diritto ad ottenere una maggiore indennità.
L’Inail decide circa l’aggravamento mediante una procedura che è detta revisione, la quale può essere effettuata solo dopo che sia trascorso un anno dal giorno dell'infortunio e 180 giorni dall’inizio del godimento della rendita.

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MOBBING


Il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore non sempre si basa su rispetto reciproco e la normativa relativa al c.d. mobbing regolamenta la materia. Il datore di lavoro, infatti, è senza alcun dubbio la parte forte del rapporto e il lavoratore potrebbe essere sottoposto a trattamenti umilianti o non consoni all'ambiente lavorativo.
La Suprema Corte di Cassazione, sentenza 7382/2010, qualifica il mobbing nei seguenti termini: il mobbing è un comportamento riconducibile alla violazione degli obblighi derivanti al datore di lavoro dall’articolo 2087 c.c., ossia una condotta nei confronti del lavoratore tenuta dal datore di lavoro, o dei dirigenti, protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio pscico - fisico e della personalità del medesimo.

Quindi, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono rilevanti :
a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente;
b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
c) il nesso eziologico (ossia la causa) tra la condotta del datore o del dirigente e il pregiudizio all'integrità psicofisica dei lavoratore;
d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio (ossia la volontà di compiere un comportamento volutamente persecutorio).

Le singole fattispecie moleste solitamente non raggiungono la soglia del reato e possono essere, invece, anche comportamenti perfettamente legittimi. Il confine tra il lecito e l'illecito si supera qualora le persecuzione e le ipotesi di mobbing si manifestano in comportamenti plurioffensivi continuativi e rivolti solamente ad un lavoratore o ad un gruppo di lavoratori.

Qualora il datore di lavoro o il direttore dello stabilimento prende di mira un dipendente e lo umilia senza motivo o si accanisce ripetutamente e solamente contro lo stesso lavoratore deve risarcire il danno derivato da mobbing.
Esempi di mobbing possono essere:
- insulti davanti ad altri dipendenti;
- demansionamento senza motivo;
- far prendere servizio durante il turno di notte solamente ad un lavoratore senza mai ruotare il turno;
- criticare senza motivo e senza ovvie ragioni l'operato del dipendente in modo ripetitivo e continuativo...

L'azienda e il datore di lavoro saranno egualmente responsabile qualora, pur non ponendo in essere direttamente detti comportamenti, sono a conoscenza che il capo reparto, ad esempio, pone in essere comportamenti vessatori contro un proprio sottoposto e sia il datore di lavoro o il preposto a tale compito non si adoperano al fine di rilevarne i motivi e interrompere detto comportamento.

I vertici aziendali possono anche porre in essere il c.d. mobbing strategico, ossia isolare un collega e addebitargli determinate responsabilità non a lui dovute al fine di indurlo al licenziamento.

La normativa del diritto del lavoro è sensibile all'argomento in esame e il Giudice del Lavoro potrebbe, qualora ne riscontri i presupposti, condannare il datore di lavoro al pagamento di un risarcimento danni molto salato in favore del lavoratore.


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ASSICURAZIONE AUTO - RCA


Se dovete stipulare un nuovo contratto di assicurazione o avete intenzione di cambiare compagnia assicurativa è consigliabile valutare preventivamente e con attenzione il contratto che si dovrà sottoscrivere.
I premi delle assicurazioni (ossia le tariffe) sono gestite autonomamente dalle compagnie le quali possono stabilirne a proprio piacimento l'importo.
Valutate quindi le varie tariffe da applicare.
Il premio assicurativo, inoltre, può modificarsi durante gli anni successivi o a seguito di un sinistro stradale e sarà quindi opportuno chiedere informazioni anche riguardo a questi ulteriori elementi.
La totalità delle compagnie assicuratrici offre dei preventivi gratuiti (a volte è possibile consultarli anche su internet). Approfittate di questa possibilità per comparare i prezzi del premio.

Importante è valutare la presenza di eventuali franchigie, che possano incidere notevolmente sul prezzo dell'assicurazione e la copertura relativa al conducente. A volte, infatti il premio è più basso e invoglia l'automobilista ma potrebbe essere causa di guai se fossero presenti all'interno del contratto clausole limitative di responsabilità (frequente la clausola che non offre copertura qualora il conducente che abbia cagionato il sinistro abbia meno di 26 anni).

Assicurarsi inoltre che la compagnia vi assicuri anche se utilizzate il mezzo all'estero.

Con la liberalizzazione del c.d. mercato assicurativo (regolato dal decreto Bersani n. 223/2006) le assicurazioni, al fine di essere maggiormente competitive, gestiscono autonomamente le tariffe e offrono ai clienti delle polizze personalizzate.

Tale personalizzazione deriva da diversi fattori:
il tipo, la cilindrata e i cavalli del veicolo;
le caratteristiche personali dell'assicurato (età, sesso, attività, frequenza nell'utilizzo dell'auto ecc.);
al numero di sinistri già causati;
alla possibilità di estendere la copertura anche al conducente del veicolo;
soglia massimale assicurata (ossia quanti soldi l'assicurazione risarcirà in caso di danno)...
Il premio aumenterà nel caso in cui si richieda l'applicazione di clausole aggiuntive, quali c.d. Kasco o furto e incendio, assistenza legale...

Stipulata la polizza deve essere rispettata in tutti i suoi punti quindi, prima di firmarla, accordatevi al meglio con il broker e leggete bene il contratto.

N.B. In caso di rottamazione dell'automezzo, prima del termine del contratto, è possibile farsi restituire la parte di premio residua. Es. auto assicurata da gennaio a dicembre ma a giugno a causa di sinistro l'auto viene demolita. In tal caso è possibile farsi restituire la parte di premio relativa ai mesi in cui l'assicurazione non può essere utilizzata (normalmente la compagnia concede un buono per la nuova assicurazione).

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COSA FARE DOPO LA VERIFICAZIONE DI UN INCIDENTE STRADALE E COME RICHIEDERE I DANNI ALL’ASSICURAZIONE


Qualora rimaniate vittima di un incidente stradale è possibile procedere in due modi:
1. Redigere e sottoscrivere il modello CAI (constatazione amichevole di incidente);
2. Chiamare le Forze dell’Ordine.

Se l’incidente è grave è consigliabile chiamare la Polizia o i Carabinieri mentre se il sinistro verificatosi è di lieve entità è preferibile compilare semplicemente il modello Cai. Se, però, le parti coinvolte non sono d’accordo sulla dinamica dell’incidente è necessario chiamare le Forze dell’Ordine.
Il modello Cai deve essere compilato in tutte le sue parti e sottoscritto da tutte le parti incidentate. Può capitare che nessun automobilista abbia con se il modulo e allora è sufficiente scrivere tutto su un normale foglio bianco e sottoscriverlo. I dati necessari per l’identificazione del sinistro sono:
- Data e ora dell’incidente;
- Generalità parti coinvolte e generalità dei proprietari del mezzo se non sono le medesime persone che conducevano i veicoli;
- Targa di tutti i veicoli coinvolti;
- Dati delle assicurazioni (denominazione, agenzia in loco presso la quale si è sottoscritto il contratto di assicurazione e numero di polizza);
- Descrizione dettagliata dell’incidente, preferibile se viene disegnata anche la posizione dei veicoli;
- Generalità dei feriti e dei testimoni.
Ad ogni modo è possibile compilare il modello Cai successivamente riportando i dati raccolti nel foglio bianco.
La denuncia alla assicurazione dovrebbe essere fatta entro 3 giorni dall’incidente ma l’assicurazione di solito la accetta anche se presentata oltre tale termine.
Qualora si siano riportati danni fisici è necessario recarsi al Pronto Soccorso il prima possibile e terminati i giorni di prognosi concessi dal medico del PS farsi visitare da medico specialista fino all’avvenuta guarigione clinica.
IMPORTANTE: Durante i giorni di prognosi è possibile andare a lavorare, il danno biologico è cosa diversa dal danno lavoro.
Terminati i certificati medici è necessario inviare tutta la documentazione all’assicurazione e in seguito la stessa assicurazione contatterà il ferito per sottoporlo a visita medico presso un medico di fiducia dell’ass.ne.
Ricevuto il risarcimento danni è possibile sottoscrivere la quietanza e accettare la somma oppure, se la somma offerta non è idonea, è possibile contestare la somma e richiedere un ulteriore pagamento.
Le assicurazioni solitamente offrono meno di quello che devono risarcire quindi è sempre meglio farsi seguire da un avvocato.

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Avv. Roberto Righi - Pesaro e Urbino
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Il treno è in ritardo ... diritti dei passeggeri.


Il nuovo regolamento europeo in materia di trasporti e ritardi dei treni prevede che qualora il treno ritardi più di 60 minuti dall’orario previsto, ritardo dovuto a qualsiasi motivo, il passeggero ha diritto di ricevere dalle Ferrovie dello Stato pasti e bevande. Qualora il ritardo si protragga per molto tempo è previsto in favore del passeggero l’eventuale pernottamento in hotel e, se necessario, il passeggero ha diritto al rimborso di tutte le spese che ha dovuto sostenere per informare la famiglia del ritardo.
Il regolamento prevede che:
·Il diritto ad essere rimborsati scaturisce solamente qualora il treno abbia un ritardo superiore ai 60 minuti.
·Precedentemente era previsto un rimborso di parte del biglietto se l’impianto di climatizzazione non fosse stato funzionante. Con l’ingresso del nuovo regolamento tale rimborso è stato abolito.
·Il rimborso verrà erogato dopo 20 giorni dalla data del viaggio (conservate quindi il biglietto).
·Non sono previsti rimborsi sotto i 10 € (8 € se regionali) per le rinunce al viaggio.
·Il rimborso previsto per i ritardi verrà erogato solamente se maggiore a 4 €.


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REVISIONE DELLE TABELLE MILLESIMALI


Il codice civile (art. 1118 c.c.) asserisce che ogni condomino ha un diritto sulle cose comuni e tale diritto e’ proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti.
A tale diritto conseguono anche dei relativi oneri, come i costi necessari per la gestione dei beni comuni.
Ogni condominio deve redigere un proprio “codice” e in tale regolamento condominiale si deve precisare quale sia il valore di ciascun piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini e tale proprietà esclusiva viene espressa in millesimi e redatta in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.
La funzione delle tabelle millesimali è quella di stabilire, in rapporto al complesso delle cose comuni, quale sia la porzione immobiliare di ciascun condomino. Le spese condominiali saranno ripartite proporzionalmente alla tabella millesimale.
Una recente sentenza si è occupata della materia in esame ed ha messo ordine circa la revisione delle tabelle millesimali (Cassazione n. 3001 del 10 febbraio 2010).

Modifica delle tabelle millesimali

A seguito della approvazione della tabella, può accadere che per varie motivazioni la stessa tabella debba essere modificata. Ad esempio la tabella può essere revisionata, purché vi sia l’accordo di tutti i condomini o un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, quando risulta che la stessa tabella è conseguenza di un errore (deve trattarsi di un errore di calcolo) o ad esempio quando mutino le condizioni di una parte dell’immobile, per varie cause. In tal modo, infatti, verrà notevolmente alterato il rapporto tra la porzione originaria dei millesimi.
La naturale conseguenza sarà che anche i costi di gestione della cosa comune si modificheranno e si dovranno adattare alla nuova tabella.

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Incentivi statali


La finanziaria 2010 ha previsto degli incentivi per l’acquisto di motocicli, cucine componibili, elettrodomestici, immobili ad alta efficienza energetica, bonus per internet veloce per i giovani…
Sono compresi nel paniere degli incentivi anche macchine agricole, rimorchi e semirimorchi, gru, e nautica da diporto.

L’incentivo altro non è che uno sconto sul prezzo di cartellino del bene. Tutti i consumatori possono usufruire di questo bonus fino ad esaurimento delle somme predisposte. Acquistare un bene con gli incentivi statali permette di spendere meno denaro e risparmiare un po di soldi.
Ecco come accedere agli sconti sugli acquisti.
Il periodo in cui è possibile usufruire degli incentivi statali è quello compreso tra il 6 aprile e il 31 dicembre 2010.
Per ottenere le informazioni necessarie è possibile contattare un call-center delle poste.
I consumatori che intendono acquistare uno dei beni in elenco e usufruire degli incentivi potranno informarsi direttamente dal rivenditore che, prima di concludere la vendita, verificherà mediante computer e mediante una telefonata la disponibilità dei fondi.
Requisito necessario per accedere agli incentivi legati all'acquisto di immobili è la certificazione di efficienza energetica emessa da Enea. La stessa Enea, a seguito di accertamenti, comunicherà l'attestazione favorevole o negativa entro un termine non superiore a 30 giorni.

Lehman - Brothers


Gli italiani che hanno acquistato obbligazioni Lehman Brothers hanno la possibilità di richiedere un rimborso dell'investimento perso, anche se solo parziale. Quasi la totalità dei bond in possesso degli italiani è stata emessa all'interno di un programma (c.d.Emtn), attraverso altra società controllata dal gruppo americano, la Lehman Brothers Treasury Co (Lbt) con sede in Olanda, che ora è soggetta a procedura fallimentare. Negli U.S.A. la casa madre Lehman è sottoposta a procedura concorsuale.

Per ottenere un rimborso è necessario presentare domanda di iscrizione al passivo fallimentare e tale rimborso è subordinato all'accertamento della consistenza dell'attivo patrimoniale dell'Istituto di credito. Con l'iscrizione al passivo si matura il diritto a essere inseriti nella lista dei creditori e il curatore della procedura fallimentare deve tenerne conto ai fini del rimborso. A tutt'oggi è possibile insinuarsi al passivo (ossia inserirsi nell'elenco dei creditori) e tale possibilità è attuabile fino a che la Corte fallimentare U.S.A. e il curatore fallimentare del Tribunale olandese, fissino un termine perentorio entro il quale chiedere l'insinuazione al passivo. Ad ogni modo è possibile procedere ad una registrazione presso il curatore olandese o fornire delle prove circa la titolarità del diritto di credito presso l'Autorità Trustee Usa che segue la procedura americana. In considerazione del fatto che gran parte delle emissioni di bond erano fatte attraverso la filiale dell'olanda ma erano comunque garantite dalla casa madre, è possibile procedere alla registrazione sia negli U.S.A. che in Europa (in Olanda appunto).

La procedure da seguire sono descritte nei siti internet appositamente dedicati. L'autorità olandese fornisce delucidazioni agli obbligazionisti all'indirizzo www.lehmantreasury.com. In questo sito si può verificare se la propria obbligazione è presente nella lista dei possibili rimborsi. Alla voce Noteholders information - First notice to creditors, invece, ci sono le istruzioni per procedere alla registrazione, che va fatta via mail all'indirizzo info.lbtreasury@houthoff.com. La procedura statunitense, invece, richiede che le informazioni per le proofs of claim, ossia le richieste e le prove del credito, da indicare su apposito modulo che si può scaricare via internet, siano spediti a due indirizzi indicati. Il sito è il seguente: http://chapter11.epiqsystems.com/clientdefault.aspx

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TASSA SUI RIFIUTI ... prima di pagarla leggete l'articolo


Nel nostro sistema normativo una legge successiva (quindi emanata dopo)abroga una legge precedente (quindi emanata prima)con la conseguenza che la precedente non si deve più applicare.
In materia di “tassa” sui rifiuti l’attuale Legislatore ha redatto in modo non perfetto la nuova normativa c.d. mille proroghe, con conseguenza che in tutti i comuni dove si paga a tutt’oggi la T.A.R.S.U. (e non la T.I.A.) la stessa dovrebbe essere dichiarata illegittima e quindi non pagata affatto.
La tassa igiene ambientale (c.d. T.I.A.) avrebbe dovuto sostituire dal 2006 la precedente tassa sui rifiuti solidi urbani (c.d. T.A.R.S.U.) ma alcuni comuni non hanno operato la successione e ciò ha comportato la convivenza tra la T.A.R.S.U. e la T.I.A.
Dal 31.12.2009 la T.A.R.S.U., però, ha cessato di esistere in quanto non è stata prorogata e non dovrebbe, quindi, più essere applicata ma si dovrebbe applicare solamente la T.I.A. (Il comune di Pesaro se non sbaglio applica la T.I.A.).
Tuttavia la mancanza di una legge a doc rende la questione problematica per i comuni. Il Sole 24 Ore in un dettagliato articolo riportava quanto segue: “nella finanziaria e nel decreto mille proroghe manca la norma ‘ponte’ che permette ai comuni di continuare ad applicare la T.a.r.s.u., mentre per il passaggio dalla T.a.r.s.u. alla T.i.a. il decreto mille proroghe ha rinviato ancora il menzionato passaggio al 30 giugno prossimo. Si apre così un vuoto normativo pericolosissimo, che mette a rischio la legittimità di tutti gli atti di riscossione adottati nel 2010, nell’unica voce di entrata esclusa dal blocco tributario sancito con la manovra dell’estate 2008… La mancata approvazione di una nuova norma che permetta ai comuni di continuare ad applicare la T.a.r.s.u. nel 2010 non può ritenersi superata nemmeno dalla proroga al 30 giugno 2010 della possibilità di effettuare il passaggio dalla T.a.r.s.u. alla T.i.a. prevista dal nuovo codice ambientale, se nel frattempo non venisse approvato il regolamento attuativo della nuova tariffa… Va poi evidenziato che il passaggio alla T.i.a. non potrebbe comunque intervenire prima del 2011, non essendo possibile modificare in corso d’anno le modalità applicative di un’entrata tributaria. Con la conseguenza che, in ogni caso, l’applicazione della T.a.r.s.u. dovrebbe comunque proseguire per tutto il 2010.” TALE ULTIMA AFFERMAZIONE, INVECE È ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE DA ATTUARE IN QUANTO, COME GIÀ DETTO, DAL 01/01/2010 LA TARSU NON ESISTE GIÀ PIÙ.
Il decreto milleproroghe manca, dunque, di ogni riferimento da parte del Legislatore alla proroga del regime T.A.R.S.U., contenuta, invece, in modo esplicito, chiaro e trasparente nello stesso decreto relativo al 2008, che l’ha prorogata per l’anno 2009. Da ciò deriva che la stessa tassa era legittima per l’anno 2009 ma non lo è per l’anno 2010.
Di conseguenza, se, per ipotesi, i Regolamenti comunali dovessero continuare ad applicare la disciplina della T.A.R.S.U., tali provvedimenti sarebbero da considerare illegittimi, poiché non è possibile chiedere il pagamento di una tassa che non esiste più. Alla luce delle analisi su esposte, risulta evidente che tutti i comuni d’Italia che applicano attualmente la TARSU, devono necessariamente passare alla TIA a partire dall’01/01/2010.
In conclusione, TUTTI I CITTADINI NON SONO PIÙ TENUTI A PAGARE LA TARSU. SE, QUINDI, I COMUNI CONTINUANO AD APPLICARE LA TARSU, LE PROSSIME EVENTUALI CARTELLE ESATTORIALI PER IL PRELIEVO DELLA TARSU SE RIFERITE ALL’ANNO 2010 POTRANNO ESSERE IMPUGNATE ENTRO 60 GIORNI DAVANTI ALLA COMPETENTE COMMISSIONE TRIBUTARIA E NON DOVRANNO ESSERE PAGATE, POICHÉ ESTERNAZIONE DELLA RISCOSSIONE DI UNA TASSA NON PIÙ DOVUTA, IN QUANTO NON PIÙ PREVISTA DALLA LEGGE.
Ed inoltre, la Corte dei Conti dovrà intervenire per condannare quei Comuni che continuano ad applicare la TARSU senza una normativa statale.

Pagamento dell’IVA sulla tassa dei rifiuti.
Vi consiglio di controllare se nelle vostre bollette relative alla tassa sui rifiuti viene inclusa anche l’IVA. Se vi è stata applicata l'Iva (nella misura del 10%) è possibile richiedere il rimborso in quanto, a seguito di una pronuncia della Corte di Giustizia Europea e della Corte di Cassazione l’applicazione dell’iva sulla tassa rifiuti è illegittima e non deve essere aggiunta.
Questa IVA al 10% non doveva e non deve essere pagata e ora può essere recuperata attraverso il ricorso alle Commissioni tributarie.
Mediamente è possibile recuperare una somma pari a circa € 200 ma, detta somma, varia a seconda della metratura dell’immobile.
Attualmente i comuni si stanno rifiutando di rimborsare i cittadini sostenendo che non è ancora previsto il menzionato rimborso quindi, al fine di recuperare il denaro indebitamente pagato, è necessario fare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale.

Per ulteriori informazioni contattare i seguenti recapiti:
Avv. Roberto Righi
Pesaro e Urbino
Tel.: 347.4445105
studiolegalerighi@alice.it

Danno biologico e responsabilità medica. Risarcimento del danno


In Italia, ogni anno, su circa 8 milioni di ricoveri in ospedali pubblici circa 300mila pazienti, ossia una percentuale pari al 4 %, denunciano danni. Di queste denuncie il 25 % riguarda colpa professionale dei medici e le richieste di risarcimento sono circa 150mila, di cui 12mila pendenti davanti ai giudici. (nota1).
Un primo rapporto sugli sbagli in ospedale è stato realizzato dalla Commissione tecnica sul rischio clinico, istituita dal ministero della Salute. Il maggior numero di errori si commette in sala operatoria (32%), nei reparti di degenza (28%), nel dipartimento d' urgenza (22%) e in ambulatorio (18%). Le quattro specializzazioni più a rischio sono ortopedia e traumatologia (16,5%), oncologia (13%), ostetricia e ginecologia (10,8%) e chirurgia generale (10,6%) (nota2).

La responsabilità del medico è argomento spesso doloroso perché lo stesso medico è un soggetto che “lavora” sugli esseri umani e un errore può costare la salute o addirittura la vita di una persona.
La malasanità, però, oggi scaturisce oltre che da errori umani anche dalle strutture sanitarie fatiscenti e dai macchinari obsoleti che si trovano in alcuni centri di cure.

Il malato, entrando in ospedale, è come se stipulasse un contratto (come di fatto accade) con le altre parti contrattuali che sono il medico e la struttura sanitaria.

La scienza medica a tutt’oggi è progredita e alcune malattie, incurabili fino a decine di anni fa, ora non sono più pericolose. Tuttavia la ricerca è in continua evoluzione in quanto per numerose patologie non sono state scoperte cure idonee.
Da ciò deriva che se la morte del paziente, o il peggioramento permanente della salute dello stesso paziente, deriva da sintomatologie e patologie alle quali ancora la scienza medica non ha trovato rimedio non sussiste la responsabilità del medico.
Differentemente, qualora le condizioni di salute del malato peggiorino a causa di un errore del dottore o per altri motivi dovuti a negligenza o imperizia nelle cure, in questo caso la responsabilità del medico da diritto ad un risarcimento del danno.

Al malato è sufficiente allegare alla propria richiesta di risarcimento danni la documentazione medica e dimostrare che il danno è scaturito per errore umano del medico. Al contrario l’operatore sanitario, per evadere ogni responsabilità, dovrà provare di aver operato secondo i principi conosciuti della medicina e di aver ben adempiuto al contratto di cure mediche. Se il medico raggiunge tale prova non può ritenersi responsabile ma se tale prova non è raggiunta la domanda del paziente viene accolta e lo stesso (o i suoi eredi) avranno diritto al risarcimento del danno.
Il diritto al risarcimento del danno si basa su due distinte responsabilità, quella contrattuale e quella extracontrattuale. Preferibilmente si dovrebbe inviare la richiesta di risarcimento entro cinque anni dal fatto, per potersi avvalere anche del titolo di responsabilità extracontrattuale ma il limite ultimo entro il quale l’azione contrattuale si prescrive è di dieci anni. Da ciò deriva che, trascorsi 10 anni dall’accaduto, non è più possibile avanzare richieste di risarcimento danni.
Sotto il profilo penale occorre ricordare che l’atto di denuncia - querela da deve essere depositato presso la Procura della Repubblica (che si trova all’interno di ogni palazzo di giustizia) entro 90 giorni dal fatto costituente reato.
Fondamentale a determinare se sussiste o meno la responsabilità del medico che aveva in cura il paziente è una perizia medico - legale redatta da un diverso medico, esperto della stessa branca medica.
Qualora questo secondo medico certifichi che c’è stato un errore umano sarà opportuno procedere con la richiesta del risarcimento del danno ma, se il secondo medico certifichi che allo stato attuale della conoscenza medica il primo medico non poteva agire diversamente, in tal caso sarà più difficile ottenere un risarcimento.

La richiesta di risarcimento danni deve essere inviata a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento ed indirizzata al medico e alla struttura sanitaria presso la quale il medico è dipendente. A seguito di questa comunicazione sia il medico che la struttura faranno scarico alla propria assicurazione professionale e la pratica verrà gestita dalla assicurazione.
La quantificazione del danno deve essere determinata attraverso l’ausilio di un medico legale.

Per ulteriori informazioni, contattare i seguenti recapiti:
Avv. Roberto Righi
Tel.: 347.4445105
e.mail: studiolegalerighi@alice.it

Fonte nota 1: http://italiasalute.leonardo.it/News.asp?ID=7426

Fonte nota 2: http://www.disinformazione.it/malasanita2.htm

Overbooking e risarcimento del danno


L’overbooking è un termine anglofono mediante il quale si raffigura l’ipotesi in cui vengono vendute più prenotazioni di posti aerei rispetto ai posti reali (es. aereo con 100 poltrone e la compagnia vende 110 biglietti).
Alcune compagnie aeree hanno effettuato degli studi statistici e hanno riscontrato che una percentuale di passeggeri non si presenta all’imbarco. Tali statistiche, però, non hanno quasi mai ragione e quando si presentano tutti i viaggiatori, qualcuno di essi deve restare a terra.

Consiglio è quello di arrivare presto all’aeroporto in quanto una volta ricevuta la carta di imbarco la partenza è garantita.

A do ogni modo, in caso di overbooking il passeggero rimasto a terra dovrà subito reclamare il torto subito, perché chi fa valere i suoi diritti quando sono scaduti i termini per il check-in, rischia di perdere la possibilità di essere risarcito.

L’Unione Europea, al fine di arginare tale fenomeno, ha emanato il regolamento 295/91mediante il quale si forniscono garanzie ai passeggeri rimasti a terra con regolare prenotazione.
I passeggeri che non sono potuti salire hanno diritto:
- alla riprenotazione sul primo volo disponibile;
- ad una telefonata o alla spedizione gratuite di un fax;
- all’assistenza necessaria in attesa del nuovo volo compresi pasti e servizi alberghieri.
Tutto a spese della compagnia aerea.
Se l’overbooking avviene in un aeroporto comunitario, il passeggero deve essere risarcito in denaro con varie modalità a seconda dei conseguenti ritardi. Tale somma può essere versata in contanti oppure, come spesso accade, con un buono-viaggio valido per l’acquisto di un altro biglietto (tale ultima prassi, può essere proposta dalla compagnia,ma non imposta). Qualora si accetta di viaggiare in una classe inferiore a quella prenotata, si matura il diritto al rimborso della differenza di prezzo pagata. Se l’overbooking manda all’aria l’intera vacanza, perché il volo era parte di un pacchetto tutto compreso, la compagnia aerea deve compilare una dichiarazione in cui attesta che il viaggiatore è stato costretto a rinunciare al viaggio a causa dell’overbooking aereo. La dichiarazione permette di ottenere la restituzione della somma pagata per l’intero viaggio da parte del tour operator, che si rivarrà sulla compagnia aerea.
Il passeggero che a causa dell’overbooking sopporta ulteriori danni potrà avanzare una richiesta entro un anno dal mancato imbarco.

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Licenziamento della lavoratrice madre durante il periodo protetto


La materia in esame è disciplinata dal decreto legislativo 151/01
La neo mamma non può essere licenziata dal momento in cui comunica il proprio stato di gravidanza fino al compimento di un anno del bambino. Tale diritto è previsto sia per i genitori naturali sia per i genitori adottivi.
Tale divieto opera ad ampio spettro ma, dalla normativa, sono esclusi i licenziamenti dovuti a:
- colpa grave della dipendente/mamma;
- cessazione dell’attività dell’impresa e/o altra attività commerciale;
- scadenza del contratto a termine;
Il divieto di licenziamento, se non rispettato dal datore di lavoro, comporta il
pagamento delle retribuzioni che sarebbero maturate fino al compimento dell’anno del figlio.
Il licenziamento della lavoratrice, quindi, è illegittimo è da diritto al risarcimento del danno.
Importante individuare in che momento il licenziamento viene posto in essere:
a) se il licenziamento è successivo all’esibizione della documentazione comprovante lo stato di maternità, alla lavoratrice spetteranno tutte le retribuzioni perdute (ossia dal giorno del licenziamento fino al compimento di un anno d'età del figlio);
b) se, invece, il licenziamento opera prima dell’esibizione della certificazione medica, non spettano alla lavoratrice le mensilità relative al periodo intercorso tra la data di cessazione del rapporto e la consegna della certificazione (es. se la dipendente informa verbalmente il datore di essere in attesa di un figlio a Febbraio, il datore in seguito la licenzia ma la donna presenta la certificazione solamente ad Aprile, non le saranno dovute le mensilità di Febbraio e Marzo).


Per ulteriori chiarimenti contattare i seguenti recapiti:
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Guida in stato di ebbrezza alcolica


Purtroppo se si viene colti al volante in stato di ebbrezza si rischia la sospensione della patente e il pagamento di una ammenda molto salata.
Fare opposizione al decreto penale di condanna può fare risparmiare ai sanzionati tanti soldi.
A volte, infatti, è possibile fare opposizione alle sanzioni e, se poco si può fare per la sospensione della patente, almeno si evita di pagare le migliaia di euro relative alla ammenda penale.

La guida in stato di ebbrezza è sanzionata dall' art. 186 del codice della strada. A seguito della recente modifica normativa è diventata un reato di competenza del Tribunale al quale si affiancano sanzioni amministrative emesse dal Prefetto.

Le sanzioni previste per il comportamento in esame sono aspre e molto pesanti, al fine di disincentivare l’abuso di alcolici prima di mettersi alla guida.
Il decreto-legge 92 del 23 maggio 2008 prevede le seguenti sanzioni:
Tasso alcolemico Sanzione
tra 0,5 g/l a 0,8 g/l ammenda da 500 a 2.000 euro. Sospensione della patente da 3 a 6 mesi.
tra 0,8 e 1,5g/l ammenda da 800 a 3.200 euro e arresto fino a 6 mesi. Sospensione della patente per un periodo di tempo compreso tra 6 mesi e 1 anno.
oltre 1,5 g/l ammenda tra 1.500 e 6.000 euro e arresto da 6 mesi ad 1 anno, con un minimo di 6 mesi. Sospensione della patente da 1 a 2 anni. Confisca del veicolo con la sentenza di condanna.

Automezzo
Se il tasso alcolemico riscontrato e accertato è superiore a 1,5 gr/l viene disposta la confisca del mezzo stesso, ossia l’automobile va all’asta e se il proprietario la rivuole deve ricomperarla all’asta e fare un’offerta più alta di tutti gli altri offerenti.

Punti patente
Per questo tipo di reato è prevista la sottrazione di 10 punti (il doppio per i giovani che hanno preso la patente dopo l'01.10.2003 e da meno di 3 anni).

Incidente stradale
Quando una persona in stato di ebbrezza con tasso alcolemico inferiore a 1,5 gr/l, provoca un incidente stradale, il giudice con la sentenza di condanna impone il fermo amministrativo del veicolo per 90 giorni salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato. Se il tasso alcolemico è superiore a 1,5gr/l è disposta la confisca del veicolo, salvo che appartenga a persona estranea al reato, ossia l’auto va all’asta.

Rifiuto di sottoporsi all'accertamento alcolimetrico
La norma prevede che il conducente possa essere sottoposto ad un accertamento alcolimetrico attraverso uno strumento chiamato etilometro che misura la quantità di alcol contenuta nell'aria espirata. L'esame viene ripetuto due volte a distanza di 5 minuti l'una dall'altra.
Chi senza giustificato motivo rifiuta di sottoporsi al controllo etilometrico commette un illecito penale con le seguenti sanzioni:
a) arresto da tre mesi ad un anno
b) ammenda da 1.500 a 6.000 euro
c) sospensione della patente per un periodo da 6 mesi a 2 anni e la revoca nel caso in cui il conducente sia stato condannato per il medesimo reato nei due anni precedenti
d) confisca del veicolo, salvo che lo stesso appartenga a persona estranea al reato.

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Tel.: 347.4445105
e.mail: studiolegalerighi@alice.it