RISTORANTI – Disciplina regolatrice


Chiunque voglia esercitare attività di ristorazione deve innanzitutto iscriversi alla Camera di Commercio e deve richiedere la necessaria licenza richiedendo l’autorizzazione alla somministrazione di cibi e bevande. Il locale dovrà poi essere ispezionato dai servizi sanitari locali i quali controlleranno che le norme siano rispettate.
Successivamente si dovrà rendere nota l'attività mediante denunciata al registro delle imprese oltre che all'Inps.

Ogni soggetto può aprire un ristorante ma solamente dopo aver frequentato almeno un corso per la somministrazione di cibi e bevande. Solamente i corsi professionali riconosciuti dalla Regione sono idonei e conformi alla normativa.

I requisiti necessari al fine di ottenere l'autorizzazione sono i seguenti:

- Per quanto concerne la cucina, la stesse deve essere ampia almeno 20 mq.
La merce destinata ad essere depositata in dispensa non può transitare all'interno della cucina altrimenti potrebbe portare sporcizia.
- Qualora il ristorante sia anche pizzeria, la zona di impasto e cottura della pizza deve visibile dalla sala da pranzo.
- La zona indirizzata al lavaggio delle stoviglie deve avere una superficie di almeno 5 mq e vi è fatto divieto di qualsiasi lavorazione degli alimenti. Nel reparto stoviglie non possono quindi essere lavati e preparati alimenti.
La dispensa deve essere individuata in un locale autonomo ma comunicante con la cucina. Se per raggiungere la dispensa l'addetto deve uscire dal ristorante e recarsi un altro edificio la stessa dispensa non è a norma. Le coperture della dispensa (pareti e pavimento) devono essere costruite con materiale lavabile.
- Un bagno per il solo personale è obbligatorio se i soggetti dipendenti del ristorante sono 10 o meno di 10. E' obbligatorio un altro bagno se gli addetti sono da 10 a 20 e per ogni ulteriori dieci dipendenti deve essere predisposto un bagno. Tutti i bagni devono essere posizionati lontano dalla cucina.
- Ogni ristorante deve mostrare ai propri clienti i prezzi delle pietanze e delle bevande. Tale prescrizione è prevista dal testo per la sicurezza pubblica. Se non è esposto il menù con i relativi prezzi il cliente può denunciare il proprietario del locale.
- L'olio extravergine non può essere servito in tavola in ampolle o vasi che non riportino l'etichetta prevista dalla legge. In tale etichetta deve essere indicata ogni proprietà organolettica del prodotto, la provenienza etc...
- Dal 10 gennaio 2005 è entrata in vigore la c.d. legge anti – fumo che impedisce ai clienti e al personale di fumare all'interno del ristorante. Tuttavia in ogni ristorante può essere adibita una sala fumatori che però deve essere grande meno della metà dell'intera struttura. L'area fumatori deve essere indicata con un cartello.
- Non esiste una legge che vieti l'ingresso ad animali domestici di entrare in ristoranti. Il divieto vige solamente per i locali della cucina, depositi e bagni. Il cane o altro animale deve stare legato in adiacenza del tavolo del padrone. Non ci sono naturalmente limitazioni per i cani guida che accompagnano persone non vedenti.

Per ulteriori informazioni:
Avv. Roberto Righi
studiolegalerighi@alice.it

Abolizione del canone Rai


La legge Finanziaria 2008 prevede che chiunque rientri nei requisiti indicati dalla legge NON DEVE pagare il canone Rai.
Tale esonero è previsto, però, solamente per gli anziani oltre i 75 anni di età.
Oltre al requisito anagrafico il soggetto non deve convivere con altri soggetti, diversi dal coniuge, che abbiano un proprio reddito dichiarabile nel Modello Unico o nel 730.
Ultimo requisito è relativo al reddito del soggetto che intende usufruire dell’esonero. Non potranno ottenere detto esonero dal pagamento del canone Rai tutti coloro che abbiano un reddito annuo maggiore ad € 6.713,98. Qualora una anziana persona conviva con il proprio coniuge la soglia di reddito va conteggiata computando entrambe i redditi.
Ai fini del conteggio del proprio reddito, in relazione all’esonero del canone Rai, NON dovranno essere computati redditi derivati da TFR, pensioni invalidità e altro…
Chiunque avesse per errore pagato il canone Rai negli anni 2008 – 2010, nonostante rientrasse tra i soggetti beneficiari dell’esenzione, potrà chiedere il rimborso di quanto pagato. La richiesta di rimborso va redatta in un modello reperibile presso l’Agenzia delle Entrate e deve essere spedita all’unico indirizzo di:
Agenzia delle Entrate - Ufficio Torino 1 S.A.T. - Sportello abbonamenti Tv - 10121 - Torino.
La dichiarazione del possesso dei requisiti per l’esenzione deve essere presentata entro il 30 aprile per coloro che inviano la dichiarazione per la prima volta.

In caso di separazione la casa può tornare ai genitori del coniuge che la concessero in comodato


Ogni tribunale di Italia è saturo di cause relative a separazioni e divorzi tra coniugi e spesso oggetto della lite è la CASA CONIUGALE.
La Corte di Cassazione, con sentenza civile, sez. III, 7 luglio 2010, n. 15986, ha mutato il proprio orientamento ed ha stabilito che qualora Mirco e Licia si sposino e vadano a risiedere nell’immobile di proprietà dei genitore di Mirco, immobile concesso in c.d. comodato d’uso, in caso di separazione dei coniugi i genitori di Mirco possono riappropriarsi dell’immobile. Tale potere facoltà è concessa anche se vi sono figli minori.
L’immobile, infatti, rimane di esclusiva proprietà dei genitori di Mirco e gli ex coniugi non possono vantare alcun diritto sullo stesso.
L’ex moglie, anche se affidataria di figli minori, dovrà andare a vivere in un’altra casa e l’ex marito dovrà contribuire al sostentamento della figlia.
Nella causa di separazione decisa con la sentenza 15986/2010, infatti, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dei genitori del marito contro le ragioni della ex nuora, la quale era anche affidataria dei figli minori, oltre ad essere stata indicata come assegnataria dell’abitazione coniugale. Tale abitazione, però, era di esclusiva proprietà dei genitori del marito i quali l’avevano concessa in mero comodato al figlio in ragione del matrimonio.

Sentenza: “Correttamente osservano i ricorrenti come la convenzione negoziale per la quale è processo fosse priva di termine, integrando cosi la fattispecie del cd. comodato precario, caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla ad nutum con la semplice richiesta di restituzione del bene, senza che assuma rilievo la circostanza che l’immobile sia stato adibito ad uso famigliare e sia stato assegnato in sede di separazione tra coniugi, all’affidatario dei figli, come condivisibilmente affermato da questa corte regolatrice con la sentenza 10256/1997”.