INFORTUNIO SUL LAVORO E MALATTIA PROFESSIONALE


Troppo spesso, purtroppo, i lavoratori si ammalano a causa dell’attività lavorativa svolta oppure rimangono vittime di infortuni sul luogo di lavoro.
Tuttavia, qualora il lavoratore prestava attività lavorativa subordinata, l’Inail dovrà risarcire il danno occorso. La stessa Inail, Infatti, gestisce l’assicurazione per le malattie e gli infortuni sul lavoro dipendente. I liberi professionisti non godono di tale copertura.

MALATTIA PROFESSIONALE
In base ad una tabella, normativamente stabilita ed aggiornata, vengono indicate le malattie professionali conosciute e, ad ogni malattia, viene accostata una percentuale di invalidità. In base a tale percentuale si avrà diritto ad un proporzionale risarcimento.
Non sempre, però, gli eventi denunciati all’Istituto assicuratore sono riconosciuti e conseguentemente indennizzati.
Le malattie professionali possono derivare da molteplici cause:
- cadute;
- scarica di corrente elettrica;
- turbamento dello stato psichico;
- assorbimento di sostanze velenose;
- alzare pesi quotidianamente …

INFORTUNIO SUL LAVORO
Qualora accada un infortunio sul lavoro il lavoratore deve avvertire il prima possibile il datore di lavoro di quanto accaduto.
Il datore di lavoro dovrà denunciare il fatto all'Inail non appena il lavoratore stesso, o un suo familiare, presenterà, entro 2 giorni dalla data del rilascio, il certificato del medico di pronto soccorso con prognosi superiore ai 3 giorni.
Se la prognosi certificata dal medico non dovesse superare detto termine, non vi è obbligo per il datore di lavoro di denunciare il fatto. Se le cure, invece, si dovessero protrarre ulteriormente il lavoratore dovrà fornire tutti i successivi certificati.
Se il datore di lavoro non dovesse effettuare la denuncia, il lavoratore, personalmente, si dovrà attivare per presentarla direttamente.

INCIDENTE IN ITINERE
Qualora il lavoratore rimanga vittima di un incidente durante il tragitto casa-lavoro sarà anche in questo caso coperto da assicurazione Inail. Il tragitto coperto da assicurazione è quello più veloce per raggiungere il luogo di lavoro e l'assicurazione copre il sinistro verificatosi in un arco temporale di circa mezz'ora prima e dopo l'orario di lavoro. Qualora vi siano mezzi pubblici che collegano senza problemi la casa al luogo di lavoro, difficilmente l'assicurazione pagherà.

INDENNIZZO e RENDITA
Al lavoratore spetterà un indennizzo in capitale (ossia un assegno una tantum) se l’infortunio o la malattia hanno cagionato un danno biologico compreso tra il 6 e il 15 %. Qualora gli eventi abbiano cagionato un danno biologico superiore al 16 % l’Inail erogherà una rendita mensile, ossia emetterà mensilmente un assegno in favore del lavoratore.
L'ammontare dell'indennizzo in capitale del danno biologico verrà quantificato in base al grado di danno accertato, al sesso del lavoratore e all'età anagrafica. Qualora il danno biologico risulti minore al 6 % non sarà risarcito.

AGGRAVAMENTO
Qualora al lavoratore, a seguito di malattia professionale o infortunio sul lavoro, sia stata riscontrata una percentuale di invalidità ma, con il decorrere del tempo la stessa invalidità si è aggravata, è possibile che lo stesso sia sottoposto nuovamente a visita medica all’Inail e chiedere l’aggravamento della propria situazione. Qualora venga riscontrato un aggravamento il lavoratore avrà diritto ad ottenere una maggiore indennità.
L’Inail decide circa l’aggravamento mediante una procedura che è detta revisione, la quale può essere effettuata solo dopo che sia trascorso un anno dal giorno dell'infortunio e 180 giorni dall’inizio del godimento della rendita.

Per ulteriori delucidazioni, contattare i seguenti recapiti:
Avv. Roberto Righi – Pesaro e Urbino
Tel.: 347.4445105
E.mail: studiolegalerighi@alice.it

MOBBING


Il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore non sempre si basa su rispetto reciproco e la normativa relativa al c.d. mobbing regolamenta la materia. Il datore di lavoro, infatti, è senza alcun dubbio la parte forte del rapporto e il lavoratore potrebbe essere sottoposto a trattamenti umilianti o non consoni all'ambiente lavorativo.
La Suprema Corte di Cassazione, sentenza 7382/2010, qualifica il mobbing nei seguenti termini: il mobbing è un comportamento riconducibile alla violazione degli obblighi derivanti al datore di lavoro dall’articolo 2087 c.c., ossia una condotta nei confronti del lavoratore tenuta dal datore di lavoro, o dei dirigenti, protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio pscico - fisico e della personalità del medesimo.

Quindi, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono rilevanti :
a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente;
b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
c) il nesso eziologico (ossia la causa) tra la condotta del datore o del dirigente e il pregiudizio all'integrità psicofisica dei lavoratore;
d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio (ossia la volontà di compiere un comportamento volutamente persecutorio).

Le singole fattispecie moleste solitamente non raggiungono la soglia del reato e possono essere, invece, anche comportamenti perfettamente legittimi. Il confine tra il lecito e l'illecito si supera qualora le persecuzione e le ipotesi di mobbing si manifestano in comportamenti plurioffensivi continuativi e rivolti solamente ad un lavoratore o ad un gruppo di lavoratori.

Qualora il datore di lavoro o il direttore dello stabilimento prende di mira un dipendente e lo umilia senza motivo o si accanisce ripetutamente e solamente contro lo stesso lavoratore deve risarcire il danno derivato da mobbing.
Esempi di mobbing possono essere:
- insulti davanti ad altri dipendenti;
- demansionamento senza motivo;
- far prendere servizio durante il turno di notte solamente ad un lavoratore senza mai ruotare il turno;
- criticare senza motivo e senza ovvie ragioni l'operato del dipendente in modo ripetitivo e continuativo...

L'azienda e il datore di lavoro saranno egualmente responsabile qualora, pur non ponendo in essere direttamente detti comportamenti, sono a conoscenza che il capo reparto, ad esempio, pone in essere comportamenti vessatori contro un proprio sottoposto e sia il datore di lavoro o il preposto a tale compito non si adoperano al fine di rilevarne i motivi e interrompere detto comportamento.

I vertici aziendali possono anche porre in essere il c.d. mobbing strategico, ossia isolare un collega e addebitargli determinate responsabilità non a lui dovute al fine di indurlo al licenziamento.

La normativa del diritto del lavoro è sensibile all'argomento in esame e il Giudice del Lavoro potrebbe, qualora ne riscontri i presupposti, condannare il datore di lavoro al pagamento di un risarcimento danni molto salato in favore del lavoratore.


Per ulteriori chiarimenti contattare i seguenti recapiti:
Avv. Roberto Righi
Tel.: 347.4445105
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